martedì 8 maggio 2012

Fase di stabilizzazione

Finalmente è arrivata. Dopo più di un anno. L’ho attesa paziente e senza ansie, intanto lo so che prima o poi arriva, puntualmente e quando vuole lei. È una costante delle esperienze che mi capitano, quelle significative e con una certa durata.
Di più, quelle significative e piacevoli.
Perché alle esperienze brutte o che non mi garbano, magari concedo una chance di verifica, un breve tempo d’appello se proprio voglio togliermi il dubbio di una falsa prima impressione. Poi scarto. E se non posso scartare, perché ci devo per forza convivere, non mi ci abituo mai, ben contento di avvertire un costante senso di malessere e di mai assuefazione. In attesa di una svolta brusca per poterle scalciare a remengo nella polvere fuori dalla portiera del disagio.
Invece con le esperienze piacevoli (che sia un’attività fisica, intellettuale, un hobby, una persona, una passione) sono decisamente impaziente e non mi gestisco granché.
Niente di lussurioso per carità, più un bisogno di ricercata sbornia direi.
Ne faccio subito scorpacciate, avendone l’occasione. Non conta domandarsi se sia un approccio furbo o sensato, conta il fatto che va così. Finché non arrivo al senso di perseguita sazietà, non mi basta la regolare moderata assunzione attenendosi alle dosi di somministrazione equilibrata.
Se vado in vacanza in un posto, lo perlustro tutto l’indomani, mi faccio una mappatura geografica. Se scopro quanto è buono un dolce, presto o prima ci devo fare un'abbuffata, al limite dell'indigestione. Se mi piace una persona le sto addosso per assorbirla e la pirlata ho urgenza di dirgliela al più presto.
Non mi interessa se un’emozione posso gustarmela in sette giorni. Lo so che potrei, mica sono scemo. È che ho bisogno di ingozzarmene in sette ore, almeno la prima volta voglio testare il potenziale della mia capacità contenitiva.
A una fase di somministrazione emotiva, succede quella di saturazione. Poi, finalmente – può essere dopo una settimana, dopo un mese, dopo un anno, dopo una vita – arriva la fase di stabilizzazione.
E trovo un certo equilibrio radicato. Per dirla meglio: il battito si regolarizza, i motori vanno a regime, e si innesca una specie di pilota automatico, una centralina della caldaia che mantiene la fiamma costante.
È un momento delicato, perché la fiamma in quel passaggio fasico potrebbe languere fino a spegnersi, senza che nulla io possa fare per ovviare. È però per me un passaggio irrinunciabile, la verifica dell’attivarsi di una fiammella significativa, di un fuoco che schioppetta tranquillo e costante, dal quale svetteranno ancora forti, sporadiche fiammate, che sotto il limite della fiammella probabilmente non andrà mai più. Probabilmente, che nulla è dato per certo.
Sta accadendo in queste settimane anche col blog. Prima non potevo fare a meno di girare, leggere, commentare, conoscere, rispondere. Ora non posso fare a meno di fare il contrario.
Prima era un fiammeggiare da pan e vin euforico, che presto o prima si spegne. Ora è in fase di verifica il passaggio in modalità fiamma stabile, affidabile e discreta. Da ceppo nella stufa insomma, che magari sonnecchia nella brace per divampare al bisogno.
Mi piace quando entro in questa fase, quando mi placo. Segno che un'esperienza si fa familiare o estranea. Mi piace anche il brivido e il rischio che dalla combustione che incenerisce si passi al languore che si assopisce, fino a spegnersi. Tant’è.
Ecco, direi che sto al preludio di una stabilizzazione, in piena sospensione, trattenendo il fiato prima di fare un passo. È quando mi rannicchio a tana dentro me stesso, trattenendo le parole, il calore, il superfluo, risucchiando tutto l’ossigeno, facendo scorta di energie in attesa di un viaggio lungo e regolare; il battito si fa bradicardico, il respiro più lungo e profondo, con qualche sospirone. La vivo distaccata e centellinata.
Prima non potevo fare altrimenti che agitarmi, ora non posso fare altrimenti che contemplare con concupiscente, selezionante distacco.
Prima non potevo fare a meno di fiondarmi a leggere quel post in quel sito. Ora mi viene naturale non avere impulso. Che non è apatia, direi piuttosto una sosta autogrill, fuori dal flusso vorticoso, una presa di distanza, una certa indolenza che economizza l’emozione, valutando di rimettersi il carreggiata per un tragitto sul tempo lungo.
Un domestico nirvana di disincanto, impossibile da cogliere senza i precedenti altrimenti.
Una roba del genere insomma. Io ce l'ho chiara 'sta roba anche se non so se l'ho resa chiaramente. Manco mi interessa d'averla esternata chiaramente. Anche questo è un sintomo caratteristico di questa fase di trattenimento.

K.

15 commenti:

  1. Credo di comprendere. Personalmente sono inizialmente ossessivo con ogni cosa, al limite dell'ansia; a volte supero anche quel limite. In seguito si instaura una velocità di crociera.

    Solo nella mima musica sto provando una sorta di disinteresse totale, dove il "totale" è in effetti più un'imposizione dovuta alla stanchezza. Forse tutto questo dipende dalle parole di mio padre: "Una cosa, o la fai bene, o è meglio che non la fai". Uno sprone molto efficace: non facevo niente.

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    1. Eh già Speaker, devo sciogliere il nodo per trovare i nodi da crociera. Grazie per lo splendido assolo interpretativo sullo spartito di tuo padre ^_^

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  2. Non so se sei stato chiaro, ma io ti ho capito benissimo perché succede anche a me..."sosta autogrill" è perfetto :D

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    1. Grazie Melinda, infatti ora smanetto sul cambio e ingrano la marcia più idonea :o)

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  3. Sei stato chiarissimo, un po lungo come al solito ma chiarissimo!
    Mi garbano le persone che si fermano o rallentano per fare il punto e lo fanno non per una decisione presa ma perchè il bisogno arriva da se.
    Capita spesso anche a me, nel corso degli anni ho avuto modo di analizzare la cosa tenendo in considerazione specialmente ciò che avevo abbandonato, a volte in momenti un po bui mi era capitato di esprimere un giudizio negativo sui miei abbandoni, del tipo era una passione inutile, sbagliata, effimera, non contava nulla ecct
    Poi mettici pure la saggezza degli anni o solo il modo diverso di vedere la vita, ho capito che specialmente esse erano state importanti, e forse le cose più giuste da fare, per il semplice fatto che facendole provavo piacere.
    Se ci pensi il resto delle cose le facciamo quasi sempre perchè dobbiamo per un motivo o per un altro.
    Vabbè inutile dire che spero egoisticamente che questa esperienza del blog non l'abbandoni ;)

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    1. Ecco, hai toccato il punto, non è uno scegliere di rallentare o fermarsi, è proprio un fatto fisiologico.
      Diciamo che è come se avessi fregato il triciclo a Kira, e all'inizio mi piace scalare tutte le marce, provare le ridotte, l'integrale. Adesso mi viene da scegliere la marcia alla quale viaggio con più comfort. Ma non soltanto nel ritmo di scrittura, in tutto: gironzolare, commentare, come "vivere il blog" insomma.
      A tal proposito, non è contemplato l'abbandono. ;)

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  4. Insomma, prima godevi e ora ti accontenti.
    Ennò, così non va, non sarebbe da te. Dunque fai quello che devi fare, disintossicati, depurati, dializzati (sono tutti verbi, non aggettivi), poi torna (torna, eh? non fare lo scemo), che qua noi ti si aspetta con il lumino acceso alla finestra, pronti a fare un ben più esaltante falò.

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    1. Eheheh Melù, carognetta mi prendi troppo alla lettera ^_^
      Il godimento del blog passa proprio nel non produrmi in un amplesso cronico che mi riduca in cenere!
      Prendo già tisane disintossicanti.
      Come per lillina: non penso proprio che tornerò, perché dovrei prima andarmene per poter poi tornare. Magari diraderò, boh, non so ancora cosa sortirà dallo stadio evolutivo. Ci sto nel mentre, ora.
      Però, invece dei lumini che fanno tanta emozione ma lasciano la pancia vuota, se prometti di accogliere il Kisciotte prodigo con una teglia di tiramisù, io faccio anche quello che va via e poi torna.
      Qualsiasi cosa per un tiram... ehm... per te.
      Ecco, sì, per far felice te.
      Per che altro?! (ehm)

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    2. Cioè, come fai a sapere che il tiramisu mi viene da dio?

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  5. Sei stato chiarissimo: anch'io sto seguendo questa luminosa via.

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    1. psssst! Facciamo che scompariamo dalla circolazione per due o tre post. Al quarto lillina e melusina ci fanno il tiramisù per festeggiare il nostro ritorno. Una teglia a testa da cadauna una! Cioè due teglie a te due teglie a me.
      Darsi alla macchia (non d'inchiostro) non è mai stato così conveniente!

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    2. se c'è da sparire sparo anch'io e se c'è da farsi tirare su, eh beh, a'stronzi, nun me chiamate?
      p.s. stasera son stato all'autogrill, così, su 10 persone che son passate 5 hanno toccato e strizzato maialino grugnino, uno l'ha comprato.
      A qualcuno la sosta autogrill non fa bene manco pe'gnente, t'o dico.

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    3. Ok dai, 3 blogger in fuga! (fino all'ora di cena)
      ps: messaggio ricevuto, evito l'autogrill, evito gli esauriti e vado a infrattarmi tra i camionisti in piazzola parcheggio

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    4. Voi tre non ci provate....e poi una teglia basta per tutti.
      Non per altro non vorrei che a forza di tirarvi su vi ritrovate a grugnire come il maialino e state certi che io non vi compro di solito qui li mangiamo

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